Regeni: gup Roma invia atti a Consulta, Egitto ha creato “zona franca” di impunità

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Il gup di Roma ha disposto l’invio degli atti del caso Regeni alla Corte Costituzionale e la decisione che arriva da Piazzale Clodio potrebbe aprire una nuova pagina sul caso del ricercatore ucciso nel 2016 in Egitto.

La mancata collaborazione sul caso da parte del Cairo, sostiene il giudice Roberto Ranazzi, e la decisione di non fornire le informazioni necessarie per completare le notifiche ai quattro 007 egiziani imputati, è una scelta “antidemocratica” e “autoritaria” che crea una “inammissibile ’zona franca’ di impunità”.

Soddisfatto il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, che commenta: “Nella nostra impostazione questa era l’unica possibilità, ove la Consulta dovesse accogliere la questione sollevata, per potere celebrare il processo, salvo ipotizzare delle modifiche legislative, di cui per la verità al momento non si vede alcuna proposta” “Oggi c’è una speranza in più”, sostiene l’avvocata Alessandra Ballerini, legale dei genitori della vittima, Paola Deffendi e Claudio Regeni. “E visto che noi diciamo sempre che Giulio ’fa cose’ – aggiunge – ci auguriamo che possa intervenire anche in una riforma legislativa che consenta di non lasciare impuniti i reati di questa gravità quando gli stati non collaborano”.La Consulta dovrà decidere sulla questione di costituzionalità legata all’articolo 420 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che l’assenza di conoscenza del processo da parte di un imputato, derivi dalla mancata cooperazione di uno Stato estero.

“Gli elementi di fatto emersi nel corso delle indagini e dell’udienza preliminare, fanno presumere con ragionevole certezza che i quattro imputati siano a conoscenza del procedimento penale in corso in Italia nei loro confronti – spiega il giudice nell’ordinanza – Tale consapevolezza, presunta, non consente tuttavia di procedere in assenza nei loro confronti”.“Sotto questo profilo, appare irragionevole e sproporzionata l’impossibilità di procedere in assenza quando manchi la cooperazione dello Stato estero di appartenenza o di residenza”, prosegue, aggiungendo che “ripugna al senso comune di giustizia, che un fatto così grave non possa essere oggetto di un processo”. Quanto poi alla Convenzione sulla tortura, “non solo è stata ignorata dalle Autorità di Governo e dalle Autorità giudiziarie egiziane – chiosa il gup – ma è stata ’osteggiata’ in modo palese”.

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I quattro agenti degli apparati di sicurezza egiziani coinvolti sono Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Sono accusati di sequestro di persona, mentre Abdelal Sharif risponde anche di lesioni e concorso nell’omicidio.Giulio venne rapito la sera del 25 gennaio 2016 e il suo cadavere ritrovato dieci giorni dopo, lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, sono convinti che il giovane sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia ai servizi egiziani da un sindacalista con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.



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