La frenata del potere d’acquisto, il nodo che Macron non ha sciolto

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Le pouvoir d’achat, il potere d’acquisto. È stato il filo rosso del rapporto tra governo e francesi, dai Gilet Jaunes fino alle proteste sulle pensioni, non a caso esplose proprio mentre, nel primo trimestre del 2023, riprendeva a calare.

Di nuovo in calo

I dati parlano chiaro. Tra gennaio e marzo, il potere d’acquisto per unità di consumo è sceso dello 0,6%, rispetto al mese precedente, dopo due trimestri di rialzo che hanno permesso parzialmente di recuperare altri sei mesi di flessione, a inizio del 2022. Durante la pandemia, la flessione è stata anche più brusca ma, nello stesso tempo, salivano i risparmi delle famiglie, che non potevano davvero acquistare beni e servizi per i lockdown.

Un trend in progressiva frenata

Nel lungo periodo, il quadro appare un po’ diverso, ma non mancano motivi di preoccupazioni. La tendenza resta al rialzo: il potere d’acquisto ha conosciuto improvvise cadute, nel 1984 e poi tra 2011 e 2013 – non tanto, quindi, in occasione della grande recessione, ma dopo la crisi fiscale europea – ma ha sempre ripreso a salire. Dopo ogni fase di calo, però, ha rallentato: la famiglia francese ha visto il suo potere d’acquisto crescere di un robusto 3,2% medio annuo tra 1960 e 1983; poi lo ha visto frenare all’1,3% annuo tra 1984 e 2010, e infine passare a un moderato +0,6% tra 2012 e 2021. Se ci si concentra sull’ultima fase di incremento ininterrotto, tra il 2015 e il 2021, il ritmo di crescita appare più robusto ma si ferma comunque allo 0,9%. La percezione dei francesi, dunque, è che quello di una progressione sempre meno sicura.

I Gilets Jaunes e il potere d’acquisto

Le cronache recenti raccontano una storia parallela a quella dei dati, troppo “macro” per cogliere alcune tendenze sociali. A cominciare dal movimento del Gilets Jaunes: le proteste sono esplose un sabato di novembre 2018, il 17, ed poi proseguita, settimana dopo settimana, fino a inizio 2020: solo la pandemia è riuscita a disarticolarla e placarla del tutto, anche se la sterilità del movimento, che ha rinunciato fin dai suoi primi passi a farsi istituzione perdendosi anche tra qualche rivalità personale, aveva già mostrato tutti i limiti dei giubbotti gialli.

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La centralità dell’auto

Il fattore scatenante fu l’aumento delle tasse sui carburanti, e in particolare sul gasolio. I prezzi alla pompa erano saliti molto rapidamente, nel lungo periodo: dal 1990, a fronte di un’inflazione del 40%, il gasolio era salito del 300%, la benzina del 200%. Nello stesso periodo, molti dei pendolari francesi avevano visto aumentare i tempi di percorrenza: 43 minuti la media. Pesava, tra l’altro, il trasferimento di molte imprese e di molti servizi dai piccoli e piccolissimi centri del Paese – il comune medio ha 2mila abitanti, contro i 20mila di Italia e Germania – verso i centri più grandi. Un’inchiesta ha mostrato come gli abitanti dei piccoli centri rurali lamentino la perdita nel tempo di scuole, servizi postali, ospedali, pronti soccorsi, centri di maternità, parrocchie, persino di librerie…



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